Mi diverte molto l'arte di Francesco De Molfetta, nella serie con le macchine da scrivere la tastiera diventa messaggio di accompagnamento alle pagine dattilografate con grafica ascii |
Una mia piccola rivisitazione (non me ne voglia De Molfetta), dedicata a Matteo Bordone, che ha festeggiato con i boxer rossi in testa, e il G'Day della grande Geppi Cucciari che riesce a farci piacere la B. canzoncina...bastava solo aggiungere un "ra", e io l'ho aggiunta qui :) |
Le nuove opere con le macchine da scrivere esposte ad ArtVerona 2011 con personaggi dei fumetti: Linus, Byrt Simpson, Diabolik... |
da "Paradosso dell'arte paradosso della natura" di Elisa Bergami, Arte e Arti
Qualsiasi cosa lui scelga, da un barattolo di cioccolata al quadrante di un orologio diventa altro, si muove in un anti-mondo di significati e l’oggetto anestetizzato dal tempo e dall’iperconsumo nelle sue mani viene rivitalizzato: a farsi avanti è Francesco De Molfetta.
L’artista milanese sembra possedere un kit del tutto personale: una lente di ingrandimento arricchita da un marchingegno in grado di scoprire dietro l’oggetto quotidiano le sue potenzialità semantiche, un “retino” in grado di catturare il significato comune e la genetica capacità di sabotare il suo bottino. De Molfetta è un “trovarobe”, una gazza ladra attirata dallo scintillio delle icone e dei simboli del nostro tempo che nelle sue mani mutano d’aspetto trasformandosi in un enigma criptato, decodificato solo dal titolo dell’opera stessa.
“Nel boschetto della mia fantasia c’è un fotio di animaletti un po’ matti inventati da me…” cantavano Elio e le Storie Tese e la stessa melodia sembra accompagnare la messa in scena della nostra commedia quotidiana fatta di associazioni mentali, lapsus ed idiosincrasie strappandoci un sorriso quando non una lunga e liberatoria risata.
Macchine da scrivere anni ’60 unite alla tecnica ASCII (nata dall’uso grafico delle lettere e dei simboli dell’alfabeto) sembrano tutte governate dall’imperativo latino Verba volant, Scripta manent. Osservare la girandola cromatica che creano fa sì che non se ne abbia mai abbastanza, diventati ingordi del prossimo annientamento del senso comune o della prossima pillola di satira lanciata con naturalezza, facendo della parodia uno strumento di riflessione sulla triste realtà dell’attuale e del vivere comune.
Come un piccolo tarlo De Molfetta si insinua nel mondo dell’arte e si accoccola, spezzando tabù e perbenismi in un’operazione spesso riduzionista ma che a noi spettatori non ha mai dato più gusto.
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