domenica 20 marzo 2011

Maria Curie, il plechblenda e i cristalli di Boemia

In stile "forse non tutti sanno che..." trascrivo un brano trovato nel libro che sto leggendo (grazie a Daniela) dove la mia attenzione è stata attirata (strano eh?) dalle parole cristalli di Boemia
"Il 17 febbraio 1898 nel laboratorio di Marie Curie a Parigi venne esaminata per la prima volta l'attività radioattiva di un minerale nero simile alla pece chiamato pechblenda, lavorato e "bollito" nel laboratorio stesso; veniva estratto nella regione di Joachimsta, al confine tra la Cecoslovacchia e la futura, ormai scomparsa, Repubblica Democratica Tedesca. Da parecchi secoli la pechblenda veniva utilizzata come additivo nella smaltatura delle ceramiche per ottenere colorazioni interessanti dal punto di vista artistico. Era anche un componente importante per la produzione dei famosi cristalli di Boemia: conteneva uranoi, un elemento fondamentale per l'industria del vetro"
Per Olov Enquist, Il libro di Blanche e Marie, Iperborea, 2006, pag. 19
Recensione di Sara Sesti sul sito Università delle donne
La pechblenda è nota perchè l’ uranio fu trovato, sotto forma di ossido (U3O8), in un campione di pechblenda e fu isolato per la prima volta nel 1841 da E. M. Pèligot. L’ uranio naturale è presente in molte rocce, ma si trova in quantità più elevate in minerali quali la pechblenda e la carnotite; i giacimenti più ricchi sono negli Stati Uniti, nel Canada, nel Congo, in Russia e nel Kazakistan.
Ma le scoperte più importanti vennero fatte da Pierre Curie (1859-1906) e da Marie Curie (1867-1934): essi notarono che la pechblenda emetteva radiazioni più intense dell' uranio allo stato puro. La pechblenda dunque emanava i misteriosi ”raggi dell’uranio” in quantità molto maggiore di quanto potesse essere giustificato dal suo contenuto di uranio: da ciò si dedusse che nel minerale fosse presente un altro elemento molto più attivo dell’ uranio stesso.
Alla fine di un lungo ed impegnativo lavoro, i Curie riuscirono ad estrarre da alcune tonnellate di pechblenda pochi decigrammi di due elementi altamente radioattivi, a cui essi stessi dettero il nome di polonio, per onorare la Polonia, terra natale di Marya Sklodowska (Marie Curie), e di radio, sostanza 400 volte più radioattiva dell'uranio. Fu Marie Curie che riuscì a isolare un decigrammo di questo nuovo elemento radioattivo detto appunto radio. Successivamente dimostrò che tutti gli elementi con numero atomico maggiore di 83 (uranio, plutonio, ittinio, radio,..) emettono spontaneamente radiazioni. (da Zona Nucleare)


Urinanite su Wikipedia Italia
vetro colorato con sali di uranio
Maria Skłodowska, meglio nota come Marie Curie (Varsavia, 7 novembre 1867 – Passy, 4 luglio 1934), è stata una chimica e fisica polacca, naturalizzata francese. Nel 1903 fu insignita del premio Nobel per la fisica (assieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel), prima donna a ricevere il prestigioso riconoscimento nonché la prima persona a ricevere 2 premi Nobel in due differenti campi - finora pareggiata solo da Linus Pauling, e, nel 1911, del premio Nobel per la chimica per i suoi lavori sul radio. (leggi il resto su wikipedia)
Marie Curie morì a 67 anni, dopo aver ricevuto i più importanti riconoscimenti scientifici in Europa e in America. Era consunta dalle radiazioni emesse dai materiali che aveva maneggiato per anni, ma la passione per la ricerca le aveva impedito paradossalmente di vederne la pericolosità per sè stessa e per i suoi numerosi assistenti, uomini e donne.
"Marie Curie non riconobbe mai che il suo
amato radio poteva averla tradita… Una domanda che è stata posta con frequenza è: come poteva negare così tenacemente l'evidenza? Come potevano i Curie esporre se stessi e anche la loro preziosa figlia Irène e il marito ai devastanti effetti delle radiazioni? La risposta è, credo, l'amore, che impediva a Pierre e Marie di vedere il radio con gli stessi occhi freddi, scientifici, che mettevano nel resto del loro lavoro. Anche mentre mettevano in guardia sui pericoli dell'esposizione al radio, a fianco del letto avevano tenuto una boccetta di sali di radio per osservarne il meraviglioso bagliore prima di addormentarsi. Marie si riferiva a esso come a " il mio bambino"..." (dalla recensione di Sara Sesti del libro Genio ossessivo. Il mondo interiore di Marie Curie di Barbara Goldsmith)



Su Blanche (Marie) Wittman è certamente più difficile trovare notizie, qui un estratto della presentazione di Sara Sesti alla mostra di Claudia Mongini  "Tracce di laboratorio - Il libro delle scienziate dimenticate", Torino 2006 (con una pagina dedicata alla Wittman):
Di un'altra collaboratrice e forse anche amica di Marie, è rimasta – indirettamente - qualche traccia di memoria. Si tratta di Blanche Wittman: la stessa che in precedenza, internata nella clinica parigina Salpêtrière perchè considerata isterica, assunse il ruolo di paziente preferita dell´allora direttore Charcot. Attiva nel laboratorio Curie a partire dagli albori del secolo scorso, Wittmann vi svolse per 16 anni il compito di assistente tecnico. Trascorse poi l´ultimo periodo della sua vita nuovamente in ospedale, perdendo, a seguito delle radiazioni a cui era stata esposta, un arto dopo l´altro: il suo corpo si ridusse ad un torso incatenato su di un letto. Nessuna menzione nel diario di Marie Curie per la sua assistente; eppure, la fine della scienziata fu segnata dalla stessa malattia.



 

1 commento:

  1. Molto interessante e istruttivo questo post; cose nuove su Marie Curie ma soprattutto di Blanche Wittman mi ha fatto moltissimo piacere conoscere l'esistenza.Di quante donne non conosciamo l'apporto alla storia del progresso !
    Percio' su' diamoci da fare e scriviamone.
    Con affetto.
    Angela

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